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Oltre la Performance Eco – Fin

Pubblicato il 09 Aprile 2020 Tempo di lettura: 3.2 min

Tra le innovazioni più disruptive proposte in tema di pianificazione e controllo negli ultimi trent’anni, può essere annoverata quella relativa ai cambiamenti nelle modalità di misurazione delle performance aziendali.  Si tratta di un’evoluzione che ha determinato un cambiamento epocale nelle metriche utilizzate per indirizzare e valutare le performance aziendali. Un’evoluzione che ha segnato la perdita di significatività della dimensione economico-finanziaria a favore di una serie di Key Performance Indicator Non Financial più idonei a dotare il management di una valutazione più completa della performance realizzata.

Ripercorrendo la storia di quest’evoluzione, a parere di chi scrive, una pietra miliare è rappresentata dal contributo proposto da Robert Eccles. Questo studioso, con il suo articolo “The Performance Measurement Manifesto” pubblicato su Harvard Business Review nel 1991, sottoponeva alla comunità manageriale l’importanza di affiancare alla rilevazione delle performance economico-finanziarie, un’altra serie di rilevazioni idonee a misurare, e quindi a gestire, i driver di queste performance. Era forse il primo convinto tentativo di spostare l’attenzione dai risultati alle cause dei risultati. Due in particolare sembravano essere i limiti dei risultati economico-finanziari:

  • I risultati economico-finanziari sono solo i risultati di sintesi e, in quanto tali, “arrivano dopo”. In altre parole, è inevitabile che intercorra un certo lasso di tempo tra il momento in cui si attua la gestione d’impresa e il momento in cui si generano i risultati della gestione
  • I risultati economico-finanziari non permettono da soli di capire le modalità attraverso le quali i risultati sono stati generati e quindi quali sono stati i driver di quei risultati

Nel tentativo di supportare in modo più efficace il processo decisionale del management, fu quindi a partire da quell’idea che si diffuse sempre di più l’esigenza di dotarsi di sistemi di misurazione più completi, idonei a monitorare non solo le variabili “risultato” ma anche tutte quelle variabili a valenza strategica dalle quali dipende l’entità e la qualità dei risultati eco-fin. Sono queste le variabili che permettono di apprezzare la reale capacità competitiva di un’azienda e le sue possibilità di sviluppo a medio-lungo termine.

Tra gli strumenti che con maggiore incisività hanno permesso di catturare diverse prospettive della performance, vi è la Balanced Scorecard proposta da Robert S. Kaplan e David P. Norton nel 1992. Con questo strumento, i due autori proposero di completare la visione “financial” con altre tre aree di performance:

  • Customer: rientrano in questa prospettiva tutte quelle misure atte ad esprimere la qualità delle relazioni che l’impresa riesce a instaurare e mantenere con il suo parco clienti. È dall’andamento di queste performance che dipendono direttamente i ricavi di vendita.
  • Internal process: in questa prospettiva gli autori proposero di inserire quegli indicatori in grado di misurare l’efficacia dei processi critici. Sono “critici” i processi dai quali dipende direttamente la capacità dell’impresa di soddisfare i clienti ed è su questi processi che l’impresa deve quindi cercare di eccellere per competere con successo.
  • Learning & Growth: in questa prospettiva si propose da ultimo di inserire parametri idonei a monitorare la capacità dell’impresa di apprendere e di migliorare nel tempo le modalità di svolgimento dei processi critici e le relazioni con i clienti.

Sono queste le tre prospettive attraverso le quali il management può quindi cercare di condizionare i risultati economico-finanziari senza limitarsi alla mera osservazione.

Dario Gulino
Centro su Costi e Performance Aziendali  

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