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HR manager e Covid – 19: un’indagine del Master in Human Resources

Pubblicato il 17 Luglio 2020 Tempo di lettura: 2.9 min

Come ha reagito il mondo delle Risorse Umane al Covid – 19? Quali sono le best practice adottate dai manager HR che rimarranno a far parte della vita delle aziende anche nella fase post – emergenza?

Si sviluppa attorno a queste domande l’indagine realizzata dagli studenti del Master in Human Resources Management & Organizational Learning – HUREMOL della LIUC Business School. Un lavoro nato nel corso del lockdown, in attesa della riapertura delle aziende dove gli studenti erano stati destinati per lo stage.

I dati sono stati raccolti tramite la somministrazione di un questionario rivolto a un data base di HR manager nel periodo compreso tra il 22 aprile e il 10 maggio 2020, a seguito di contatti personale degli studenti o della direzione del Master. 233 le risposte raccolte. Le aziende coinvolte sono di tutta Italia, con una prevalenza (66%) di realtà lombarde. Oltre il 50% fattura più di 50 milioni di Euro l’anno.

In sintesi, le principali evidenze emerse sono le seguenti:

Smartworking: durante l’emergenza il 97% l’ha utilizzato. Il 53% del totale già lo sperimentava prima dell’avvento del Covid-19. Complessivamente la maggior parte dei rispondenti si considera molto soddisfatto (37%)  o soddisfatto (44%) rispetto all’esperienza vissuta nella propria azienda. Per l’11%  è uno strumento con potenzialità.

Le criticità maggiormente rilevate sono la gestione del carico di lavoro e la difficoltà nel trovare un corretto equilibrio tra vita privata e vita lavorativa.

Tra le potenzialità, l’ottimizzazione dei tempi legati agli spostamenti con conseguente riduzione dei costi (60%), l’aumento della produttività (58%), il miglioramento del work life balance  – in termini di potenzialità future, una volta terminata l’emergenza e con una migliore organizzazione – (45%), il miglioramento dell’engagement e del senso di responsabilità individuale (60%). Ad emergenza terminata, per il 50% degli HR coinvolti lo smartworking resterà un perno della vita aziendale e per il 22% sarà comunque utilizzato anche se non strettamente necessario.

Selezione del personale: il 59% degli intervistati è convinto che in futuro si preferiranno colloqui on line. Tra gli elementi critici, la perdita di empatia e la l’impossibilità di valutare la comunicazione non verbale e paraverbale del candidato. Tra i vantaggi, la maggiore rapidità e oggettività.

Formazione: le risposte rilevano un forte interesse per una formazione sempre più blended, in cui si mixano momenti in presenza e a distanza, che permettono una personalizzazione della fruizione delle esperienze. Per il 56% la formazione in presenza sarà sempre più spesso evitata, se non per temi strettamente comportamentali (soft skills).

Ma quale dovrà essere dunque il profilo dell’HR del futuro? “Certamente – spiega Daniela Mazzara, Direttore del Master – dovrà essere un attivatore della digitalizzazione ed essere quindi in grado di rivedere i processi di organizzazione del lavoro  e gestionali con una  forte spinta verso l’informatizzazione dei processi stessi e delle attività. Inoltre, dovrà essere un agente di cambiamento e aiutare l’azienda a riconoscere il nuovo contesto in cui si muove, promuovendo modalità di lavoro agili che permettano di adattarsi e cavalcare il cambiamento con successo. Infine, dovrà avere un ruolo politico cruciale e diventerà l’interlocutore aziendale al quale è affidata la missione di generare il consenso necessario per favorire un clima di fiducia e favorevole alle attività e agli obiettivi aziendali”.

 

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